giovedì 19 aprile 2007

S.Pietro di Tuscania



La basilica di S.Pietro in Tuscania sorge sul monte dell'antica acropoli. Fu fondata nell' VIII secolo e fu opera dei maestri comacini.
La costruzione della chiesa attuale, successiva al 1093 si protrae fino all’inizio del XIII secolo.
Materiali:
La tribuna absidale è costruita con blocchi di stufo dall’intonazione cromatica rossastra, che ricorda il colore della terra circostante.
Un po’ di storia:
La Chiesa di San Pietro a Tuscania è situata sull'omonimo colle(già probabile sede dell'acropoli etrusca). La fronte della chiesa si affaccia su uno spiazzo erboso tra il Palazzo Episcopale e le possenti torri di difesa (ne sono rimaste tre, memoria dell'importanza strategica dell'area). Situata nel cuore della Tuscia, la romana Tuscana era uno dei maggiori e più importanti dell'etruria interna. L'area ove insisteva l'abitato etrusco corrisponde assai verosimilmente al colle della città moderna dove sorge la chiesa romanica di San Pietro.

La valenza artistica, di questa basilica medievale è al centro di un ampio dibattito.
Tra i restauri si ricordano quelli del 1443, 1450, 1500 e 1734. Inoltre,recentemente,vi sono stati ulteriori intervanti in seguito al terremoto che ha colpito la provincia di Viterbo nel 1971 distruggendo l’importante rosone. Struttura:
L'interno della chiesa è diviso in tre navate:
-la navata centrale con il pavimento a decorazioni geometriche, risulta separata dalle altre attraverso un basso muro in cui sono ricavati dei sedili in pietra.
- La navata di destra dove si trova l'ingresso principale alla cripta.
-La navata di sinistra dove si trova l'ingresso secondario alla cripta.
Il transetto rialzato ospita un presbiterio con ciborio. Il tetto è a capriate lignee.
La cripta è costituita da nove navate e da ventotto colonne. Le murature sono romane (opus reticolatum).

Pitture e affreschi:
Purtroppo la maggior parte della decorazione pittorica è andata perduta. Fra l'altro, un affresco di scuola romana, pur con influenze bizantine, rappresentante Cristo Ascendente circondato da angeli risalente agli anni a cavallo fra XI e XII secolo che dominava la parte absidale è andato distrutto nel terremoto del 1971. Rimangono solo alcuni dei soggetti che lo inquadravano: un Cristo benedicente e anche angeli, apostoli e simboli divini. Nell'absidiola di destra un Cristo benedicente fra due vescovi mentre in quella di sinistra il Battesimo del Cristo.
Nella parte più alta del presbiterio rimane in minima parte un ciclo di affreschi che fanno riferimento alla vita di san Pietro.
Gli elementi principali della facciata centrale esterna sono:
-il portale maggiore:incassato nel muro a conci di nenfro è opera di un marmoraro romano di scuola cosmatesca. È caratterizzato da tre rincassi con colonne lisce, capitelli e rispettivi archivolti(il maggiore decorato con mosaici laterali). La lunetta è decorata da un mosaico a motivi stellari.
-il rosone: circondato da diversi elementi decorativi.
-gli ingressi laterali.
Sopra la loggetta il rosone cosmatesco, formato da tre cerchi concentrici che rimandano alla Santa Trinità; agli angoli del rosone sono posizionati quattro sculture che richiamano gli Evangelisti (Aquila, Angelo, Leone e Vitello a rappresentare rispettivamente Giovanni, Matteo, Marco e Luca) mentre ai lati troviamo due draghi che inseguono una preda. Ai lati di questi draghi sono due bifore : quella di destra è circondata da figure fantastiche e demoniache, quella di sinistra dall'[Agnus Dei] e da rappresentazioni di angeli e Padri della Chiesa. Alla base della bifora di sinistra un bassorilievo, possibile riutilizzo di una scultura etrusca, che rappresenta un uomo che corre.

Nell'insieme lo stile di S.Pietro si può definire un romanico "romano", per l'influenza dell'antica Roma e per le maestranze che qui vi lavorarono ma soprattutto per le influenze sud-mediterranee presenti nell'architettura e nei simboli scelti proprio nella facciata.














link:http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Pietro_(Tuscania)
http://www.tuscania-italy.com/tuscania/i%20particolari.htm

giovedì 12 aprile 2007

olte e pier


CAPPELLA DI SANT’AMBROGIO

BASILICA DI SANT’AMBROGIO

Fondata dal Vescovo Ambrogio tra il 379 ed il 386 nell’area del cimitero ad Martires, fuori Porta Vercellina, l’antica Basilica Martirum, da sempre comunemente chiamata “Ambrosiana”, è universalmente considerata il più importante esempio di architettura romanica lombarda. Il suo aspetto attuale è dovuto ad una storia lunga e complessa,infatti della vecchia costruzione viene mantenuta soltanto la posizione dell’altare (tomba del santo), caratterizzata da molteplici fasi costruttive, opere di trasformazione e lavori di restauro che hanno quasi completamente cancellato le tracce del primitivo edificio nel quale trovarono sepoltura i resti dei Martiri Gervasio e Protasio e, poco dopo, quelli dello stesso Ambrogio. In questa basilica le navate laterali si prolungano sui fianchi del portico. All’interno è riconoscibile la scelta di propozioni rigorose, di relazioni geometriche e scalari fra le varie strutture che compongono l’edificio.Un ruolo determinante nello sviluppo della Basilica, da sempre oggetto di grande devozione popolare e meta di incessanti pellegrinaggi, fu svolto dagli arcivescovi milanesi, trai quali Angilberto II (824-859), che commissionò l’altare d’oro per custodire le sacre reliquie, Ansperto (869-881), che fece costruire un atrio porticato davanti all’ingresso principale, Federico Borromeo (1595-1631), che promosse opere di consolidamento e la decorazione barocca del presbiterio, Benedetto Erba Odescalchi (1712-1736), al quale si deve la trasformazione dell’antica cripta.
Fin dall’ottavo scolo l’edificio ambrosiano si trovò a far parte integrante di un più ampio complesso architettonico destinato ad accogliere due comunità religiose che per più di mille anni in modo non sempre pacifico, condivisero gli uffici liturgici, la cura e l’amministrazione dei beni ecclesiastici, i monaci e i canonici, il cui ricordo è tutt’ora vivo nei due campanili posti a baluardo della facciata. Nell’area a destra della chiesa si estendeva, dal 784, il monastero benedettino, i cui chiostri rinascimentali sono stati oggi inglobati all’Università Cattolica del Sacro Cuore, mentre alla sinistra erano la canonica e le dimore dei canonici regolari. Nel 1497 i Benedettini furono sostituiti dai Cistercensi di Chiaravalle che promossero diverse iniziative culturali e aprirono ai cittadini l’imponente biblioteca monastica fino a quando, nel 1799, la Repubblica Cisalpina decretò la soppressione del cenobio e l’insediamento dell’ospedale militare.

La Basilica di Sant’Ambrogio, che custodisce particolarissime e preziose opere d’arte, come il sarcofago tardo romano detto “di Stilicone”, l’altare d’oro di Volvino, il ciborio in stucco del IX-X secolo, il coro in legno intagliato, deve la sua fama universale anche ai grandi artisti che vi lavorarono e che hanno lasciato pregevole testimonianza di sé nelle opere murarie, nella decorazione e negli oggetti di arredo liturgico.Tra questi è Donato Bramante, il celebre architetto di Urbino attivo a Milano durante la signoria degli Sforza, al quale nel 1492 fu affidato l’incarico di progettare la nuova canonica, di ricostruire il monastero e di risistemare le cappelle della chiesa.

Gli straordinari affreschi, le tele e le pale d’altare conservati all’interno sono invece opera di pittori quali il Borgognone, Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari, il Legnanino, Filippo Abbiati, Carlo Francesco Nuvolone, Francesco Cairo e Gian Battista Tiepolo.Sulla volta, affreschi del pittore milanese Carlo Francesco Nuvolose (1609-1661 circa) raffiguranti Angeli in gloria.


CAPPELLA DI SANT’AMBROGIO MORENTEIl locale d’ingresso alla cappella, un tempo dedicata al Sacramento, è stato completamente affrescato negli anni 1737-8.L’allegoria sacra, sulla parete sinistra, e la gloria d’angeli, sulla volta, sono di Pietro Maggi (1660 circa – ante 1738).Sull’altare, pala con l’ultima comunione di Sant’Ambrogio di Andrea Lanzani (1641 circa – 1712). bozza




BASILICA DI SAN MARCO










La Basilica di San Marco a Venezia è la chiesa più famosa del capoluogo veneto. È il più noto esempio di architettura bizantina in Italia. Si affaccia su Piazza San Marco ed è adiacente e collegata al Palazzo Ducale. Inoltre è la sede del patriarca di Venezia dal 1807 e contiene le spoglie di San Marco Evangelista.

Storia

La prima Chiesa dedicata a San Marco fu un edificio temporaneo edificato dove ora si trova il Palazzo Ducale, costruito nell' 828 quando i mercanti veneziani acquisirono le reliquie di San Marco Evangelista da Alessandria d'Egitto. Questo edificio venne sostituito da una nuova chiesa sita nel luogo attuale e costruita nell' 832, questa però andò in fiamme durante una rivolta nel 976 e fu quindi nuovamente edificata nel 978. La base della basilica attuale risale al 1063. Il bottino del sacco di Costantinopoli nel corso della Quarta Crociata arricchì il tesoro della basilica e fornì arredi di grande prestigio, fra cui i celebri cavalli bronzei che provengono dall'ippodromo della capitale dell'Impero Romano d'Oriente e che ora sono esposti nel museo della Basilica: sopra il portale maggiore vi sono riproduzioni degli originali. Nel fianco destro si trovano due pilastri finemente lavorati provenienti dalla Basilica di San Polieucto.







Descrizione dell'edificio

L'attuale aspetto della basilica è il frutto degli interventi compiuti tra l'undicesimo e la fine del quattordicesimo secolo e costituisce un tutto unitario e coerente tra le varie esperienze artistiche a cui è stata soggetta nel corso dei secoli. Dall'esterno, diviso in tre differenti altezze (piano inferiore, terrazza,cupole) prevale la larghezza, poiché in una città come Venezia, che appoggia sulla sabbia, si tendeva a realizzare gli edifici non in altezza ma appunto in larghezza; si nota inoltre la presenza di ornamenti di ispirazione bizantina, la ricchezza di colore e di aperture. La pianta della basilica è a croce greca con cinque strutture autonome, coperte da cupola, distribuite lungo gli assi della croce e raccordate da brevi volte a botte. Gli enormi pilastri a sostegno della struttura non sono realizzati come blocco unico di muratura ma articolati a loro volta come il modulo principale: quattro supporti ai vertici di un quadrato, settori di raccordo voltati e parte centrale copulata. Le pareti esterne e interne sono rare, per il problema dell'acqua dolce sotto la laguna veneziana, e sembrano quasi diaframmi tesi tra pilastro e pilastro, a reggere la balaustra dei matronei e non hanno valore di sostegno ma solo di tamponamento. Si tratta nell'insieme di un modello bizantino post-giustinianeo. L'unico elemento occidentale è la cripta che interrompe la ripetitività di una delle cinque unità spaziali.


Cattedrale Ruvo di Puglia (D'Angelo Andrea Carmelo, Carecci Andrea)

La cattedrale di Ruvo di Puglia è uno dei più noti esempi di romanico pugliese. Fu costruita tra il XII e il XIII secolo con varie modifiche successive. La facciata è a capanna con tre portali: il centrale più grande ed arricchito e due più piccoli e poveri portali laterali. La facciata è ornata da numerose figure: archi concentrici con la raffigurazione dell'ultima cena e di simboli cristiani, telamoni che reggono tutta la facciata, colonne con capitelli riccamente ornati, grifoni, una bifora (finestra a due aperture divise da una colonnetta o da un pilastro) col bassorilievo dell'Arcangelo e da un rosone formato da 12 raggi che culminano in un rosone più piccolo, sopra il rosone si trova il "sedente" figura alquanto oscura e ignota, e al culmine della facciata la statuetta del Cristo redentore. L'interno è suddiviso in tre navate e in un transetto trasversale alle navate. La navata centrale è la più grande ed è circondata in alto da un ballatoio che sormonta due file di colonne, ognuna diversa dall'altra. In fondo alla navata centrale c'è un bellissimo ciborio realizzato nell'800 ad ispirazione di quello della basilica di S. Nicola a Bari. Numerose le opere d'arte custodite: la statua lignea di S. Biagio, patrono della città, e il reliquario dello stesso in oro e pietre preziose, un affresco raffigurante la Vergine col bambino e S. Sebastiano, la tavola firmata Z.T. della Vergine di Costantinopoli e la splendida croce lignea. Sotto il piano della chiesa si snoda un vero e proprio percorso sotterraneo, l'ipogeo, dove ci sono i resti della basilica paleocristiana e delle tombe romane.




link: www.wikipedia.it, www.cmmurgiabareseno.it/images/ruvo_01_small.jpg, www.mappe.google.it

giovedì 29 marzo 2007

Santiago de Compostela

autore: Prifti Nevila e Brazzi Simone

SANTIAGO DE COMPOSTELA

La storia

La storia vuole che l'apostolo Giacomo si spingesse fino in terra iberica per proclamare la parola di Gesù, fino alla remota Galizia; tornato in Palestina, morì martire, primo tra gli apostoli, decapitato nel 42 o 44 d.C. da Erode Agrippa. I suoi discepoli Teodoro ed Attanasio ne trafugano allora il corpo e lo trasportano di nuovo in Galizia su una barca, che la leggenda vuole sia guidata da un angelo, fino ad Iria Flavia, per poi seppellirlo nel bosco "Liberum Donum", presso il quale erigono un altare su un'arca marmorea. E' in questo modo che il corpo dell'apostolo torna alle terre che lo avevano visto come annunciatore del Vangelo.
Passano i secoli e, a causa di proibizioni di visitare queste zone, la tomba viene dimenticata; nel frattempo, nell'VIII secolo gli arabi invadono la Spagna.
Corr
e l'anno 813 quando l'eremita e pastore Pelayo comincia a vedere sul monte Libradòn delle strane luci sul tumulo di un campo: gli appare quindi in sogno l'apostolo Giacomo che lo invita a scavare lì per recuperare il suo sepolcro. Pelayo informa quindi il vescovo di Iria Flavia che dà ordine di scavare, ed in effetti si trova un'arca di marmo che contiene i resti di un uomo decapitato: si grida al miracolo e la notizia della scoperta della tomba di San Giacomo si diffonde.
Da allora è iniziato un flusso ininterrotto di pellegrinaggi, nonostante le flessioni dei secoli tra il XVII e il XIX. La prima guida al Cammino è quella scritta nel 1139 da Aymeric Picaud, contenuta nel V libro del Codex Calixtinus; molti illustri pellegrini si sono recati a Santiago, tra cui San Francesco e San Rocco. Anche Dante spiega nella Divina Commedia che
pellegrino "è colui che si reca a Santiago", chi va a Roma è infatti "romeo", e chi a Gerusalemme per devozione è detto "palmare".
Per raggiungere Santiago un tempo erano tracciati numerosi Cammini, ma quello per eccellenza è quello francese, da cui
si accede valicando i Pirenei da Roncisvalle. Questo percorso si snoda lungo circa 800 km, calcolando dal confine francese, dalla cittadina di St. Jean Pied de Port; per percorrerlo tutto sono necessari circa 30 giorni, così indicano tutte le guide, ma non è ovviamente una durata obbligatoria: sono infatti previste anche tappe particolarmente lunghe che è possibile spezzare in funzione del proprio stato fisico, oppure è possibile percorre anche solo una parte del Cammino, partendo da una città precisa e arrivando fino a Santiago; un'opzione scelta da molti è percorrere il Cammino in anni diversi, ripartendo dal punto d'arrivo dell'anno precedente.

Il Botafumeiro

Tra il XIII ed il XIV secolo è possibile che cominciasse a funzionare il "Botafumeiro", uno dei più conosciuti elementi storici e popolari della basilica Compostelana.

Simbolo della purificazione spirituale, questo grande incensiere, che necessita per essere fatto oscillare nelle alture della cattedrale, di un gruppo di 8 uomini, noti col nome di "tiraboleiros", fu

dall'inizio uno dei numerosi motivi di stupore e meraviglia dei pellegrini raccolti nelle navate della cattedrale.

L'attuale "Botafumeiro" ha un'altezza di 1.10 m, pesa 50 chili ed è di ottone argentato. Fu realizzato a Santiago nella metà del secolo scorso.




Santiago de Compostela

Fulcro politico, economico e culturale della Galizia, ricca di magnifici monumenti, sede di un’università di grande tradizione. In più, città Patrimonio dell’Umanità e, da secoli, meta finale di un celebre itinerario storico e religioso.

La leggenda racconta che è sorta su indicazione di una “stella”. Santiago de Compostela (Campus Stellae), detta anche la Città di Pietra, è davvero una città unica. Preziosa.
Ben situata al centro della Galizia - la Comunidad più nord occidentale della Spagna, Santiago (260 metri s.l.m., poco meno di 100.000 abitanti) è pressoché equidistante e facilmente raggiungibile dalle capitali delle quattro province della regione (La Coruña, Lugo, Pontevedra e Orense) e dista una cinquantina di chilometri dall’oceano Atlantico.


Cento diverse architetture e una gemma: la Cattedrale di San Giacomo

Il nucleo storico di Santiago per più di un millennio si sono susseguiti e sovrapposti molti stili architettonici: il naifCamino concede scorci e vedute uniformi e armoniche, grazie al materiale di costruzione rimasto inalterato nel tempo: l’umile granito.
La cattedrale costituisce il punto di riferimento, il cuore pulsante di Santiago de Compostela da quando, nel IX secolo - per proteggere il sepolcro dell’Apostolo, indicato da una stella - sorse come semplice chiesetta per volere di Alfonso II il Casto. Pochi decenni dopo, il luogo di culto fu trasformato da Alf
onso III in basilica pre-romanica, distrutta nel 997 dai moros di Almanzor (l’Apostolo, secondo i resoconti religiosi, non la prese bene e divenne il leggendario Matamoros della Reconquista combattuta al grido di Santiago y Cierra España! ).
Ricostruita tra l’XI e il XIII secolo con una bella struttura romanica, nella seconda metà del Cinquecento la cattedrale fu violata da Drake (ma la disorganizzata reazione della Invencible Armada conseguì l’esatto opposto del successo riportato con la cacciata dei Moros e l’unificazione della Spagna).
pre-romanico, il lineare romanico, il decorato gotico, il ridondante barocco, il modernista neoclassico.


All’interno del Tempio

Fortunatamente, a parte alcuni dettagli gotico-rinascimentali, l’interno ha conservato le semplici geometrie del romanico, mentre la facciata (XVIII secolo) tradisce le pur interessanti bizzarrie del barocco. Ma il grandissimo capolavoro, il fiore all’occhiello della cattedrale, l’opera che ha collezionato una messe di lodi (è stata definita “la gloria dell’arte cristiana, il monumento iconografico più completo della scultura medioevale, la meraviglia dell’arte universale”) è
costituito dal gruppo scultoreo del Portico della Gloria.
Nel nartece i tre portali intagliati da Maestro Mateo verso la fine del XII secolo contengono quasi duecento magni
fiche sculture, ispirate - come sempre nel romanico - alle più importanti vicende della Bibbia: profeti e apostoli, angeli ed evangelisti, personaggi dell’Apocalisse e scene del Vecchio Testamento contornano nel timpano la figura del Cristo con le piaghe nelle mani, piedi e costato. Sotto il redentore, nella bifora, Santiago – dal volto ieratico vagamente bizantineggiante - esibisce una pergamena con la scritta “mi mandò il Signore”.

Ai piedi della colonna, dalla parte opposta, rivolta verso l’altare, la statua di Maestro Mateo con una pergamena che ne immortala le capacità artistiche (architectus). L’interno della cattedrale propone navate – alleggerite da eleganti archi romanici - che sfiorano i 100 metri di lunghezza, sul fondo l’imponente, aureo altare maggiore churrigueresco, simbolo del trionfo del barocco nel XVII e nel XVIII secolo; magnifico il tabernacolo.
Sotto l’altare, la cripta (IX secolo) con le reliquie di Santiago (ritrovate soltanto nel XIX secolo, dopo essere state nascoste durante l’invasione dei pirati di Drake). Elemento di colore non meno che di devozione (ma anche valido come “deodorante” nei tempi in cui ai peregrinos era concesso pernottare, bivaccare e financo soddisfare alcuni bisogni all’interno della cattedrale), il celebre ed enorme botafum
eiro, dispensa incenso durante le cerimonie, grazie alla cadenzata fatica di otto persone.

Le quattro piazze di Santiago

Fulcro di Santiago de Compostela, la cattedrale è circondata da quattro piazze (Obradoiro, Platerias, Quintana, Azabacherìa o Inmaculada) tutte armoniosamente disegnate per costituire degna cornice della meta finale del Camino.

Oltre alla cattedrale e all’adiacente Palacio de Gelmirez (magnifico esempio di romanico civile, notevole il Salòn Sinodal della seconda metà del Duecento) la rettangolare Plaza del Obradoiro contiene splendidi monumenti anche sui restanti tre lati. Non è azzardato ritenerla una delle più belle piazze del mondo e certamente ha svolto un ruolo decisivo nel convincere l’Unesco a dichiarare Santiago di Compostela Città Patrimonio dell’Umanità (1984).

Plaza del Obradoiro

Di fronte, si ammira il Pazo (palazzo in galiziano) de Raxoi (Rajoy in spagnolo), un’imponente costruzione neoclassica (XVIII secolo), oggi sede della Xunta della Galizia, sovrastata dalla statua equestre di Santiago Matamoros brandente la sciabola durante la battaglia di Clavijo.

Dallo scalone della cattedrale, rivolto lo sguardo a sinistra, si nota il Collegio de San Jeronimo, dalla facciata tardo romanica con effigi di alcuni santi; sul timpano una Vergine con bambino.
Di fronte, a destra di chi guarda dalla cattedrale, appare per tutta la lunghezza del lato nord della piazza il monumentale Hostal de los Reyes Catolicos, voluto nel 1492 da Ferdinando e Isabella per accogliere pellegrini e ammalati (l’ospedale operò fino al secolo scorso, prima di divenire uno dei più lussuosi alberghi della catena dei Paradores). L’architetto Enrique de Egas profuse il meglio della sua capacità, fondendo mirabilmente lo stile rinascimentale con il plateresco, di cui la facciata e il decoratissimo portale con le effigi dei Re Cattolici costituiscono uno splendido esempio.
Al centro della Plaza de las Platerìas (per le tante botteghe di plateros, argentieri, che vi si affacciavano) si nota la Fuente, fontana de los Caballos e, superata la scalinata del XVIII secolo, merita attenzione l’unica porta esterna della cattedrale in stile romanico (so
vrastata dalla Torre el Reloj o Berenguela). Notevole il barocco galiziano della Casa del Cabildo.

Platerìas comunica con la più vasta Plaza de A Quintana, affascinante non meno che intrigante (basti segnalare che una scalinata la divide in Quintana de Vivos e in Quintana de Muertos, quest’ultima – in galiziano Dos Mortos - citata in un poema di Garcìa Lorca).
Dalla piazza si entra nell’abside della cattedrale attraverso la Puerta Santa, aperta soltanto durante l’Anno Santo Compostelano, quando il 25 luglio, festa di Santiago Apostol, cade di domenica (così sarà nel 2004).
Dalla parte opposta alla cattedrale si erge l’imponente e grigio muro di granito del Monastero di San Pelayo de Antealtares o Convento de San Paio, dall’inquietante sobrietà, trapuntato soltanto da 48 finestre chiuse da grate. Fu fondato nel IX secolo da Alfonso II per custodire la tomba di Santiago appena scoperta.

Più allegra, nella parte superiore della piazza, la barocca Casa de la Parra (XVII secolo), in quella inferiore, con eleganti portici, la Casa dei Canonici o dos Bispos, nota anche come Conga, potrebbe dirsi in “comproprietà” con la già descritta Plaza de las Platerìas facendo parte di entrambe.
L’attuale, fiorita Plaza de la Inmaculada, ex piazza del Paradiso e nota anche come AzabacherìaInmaculada si ammirava una bella facciata romanica del Duecento, abbattuta nel XVIII secolo per costruirne una neoclassica; la sua porta, ora secondaria, era la più importante perché vi transitavano i peregrinos al termine del Camino (appena entrati si spogliavano ai piedi di una croce per procedere “nettati” a venerare le spoglie di Santiago).
Dall’altra parte della piazza, il più importante monastero cittadino per storia e dimensioni (circa 20.000 metri quadrati) San Martiño o Martìn Pinario oggi seminario. La prima costruzione, un oratorio, fu fondata nel 912 dal vescovo Sisnando, nel 1102 divenne un importante centro religioso per volere del vescovo Gelmirez, per essere trasformata nel XVI secolo in un convento dalla facciata monumentale (terminata soltanto nel 1738) sovrastata da una statua di San Martino su uno scudo di Spagna scolpito tra due eleganti colonne. Molto belli i due chiostri interiori, notevoli le scalinate, merita una visita il refettorio per la sua ardita volta. La chiesa del monastero, in Plaza San Martìn vanta una magnifica facciata plateresca, non meno ammirevole la barocca Pala dell’altare maggiore financo più bella di quella custodita nella cattedrale.
(vi si radunavano gli artigiani che lavoravano il gavazzo o gaietto, una varietà di lignite dura usata per bottoni e ornamenti), confina con la parte nord della cattedrale e completa le piazze che le fanno da corona. Sulla

Gli ultimi passi del Cammino

Dalle piazze che circondano la cattedrale si apre un dedalo di strade medioevali intrise di storia, vedasi il tratto finale del Cammino, inalterato nei secoli: superate le mura di Santiago attraverso la Puerta del Camino (Porta Francigena ai tempi della Guìa di Aymeric Picaud, conducente a los peregrinos de la naciòn francesa, da cui il Camino Francès), il peregrino giungeva alla cattedrale percorrendo le attuali Rua das Casas Reais, Rua das Animas, Plaza de Cervantes per sbucare nella Azabacherìa.
Le ruas più tipiche e animate sono quelle do Vilar, la Nova, la Franco e das Orfas che si dipartono dalle Plazas Platerìas e de la Quintana. Vanno godute di sera, quando tra i severi muri di granito riecheggiano i canti della gioventù universitaria e dai tanti bar e ristoranti escono comitive di gallegos, dal robusto appetito appagato e resi allegri da qualche bottiglia di Ribeiro.
Chi visita Santiago non compie soltanto un viaggio di routine, non vede soltanto “un’altra città” della Spagna.
Santiago è sinonimo di cultura, storia plurisecolare e ininterrotta, le sue strade, i palazzi, le case sono rimaste intatte nel tempo (per non parlare di tante chiese, San Miguel dos Agros, San Benito del Campo, San Felix de Solovio e Santa Maria del Camino poco distante dall’omonima Puerta). La città possiede quel “qualcosa in più” conferitole dall’atmosfera e dalla spiritualità del Camino.
E la notte, nel silenzio mistico della Plaza del Obradoiro, al viaggiatore sembra di ascoltare in lontananza il grido di raccolta e di incitamento rivolto ai peregrinos nell’idioma medioevale dell’Europa nascente: E ultreia! E sus eia! Deus aia nos! (E oltre! E sopra! Dio ci aiuti!)

mercoledì 28 marzo 2007